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giovedì 14 gennaio 2016

Molfetta, incontro con l'autore Agim Mato, il critico Anton Berisha e i poeti della Vallisa



Molfetta, incontro con l'autore Agim Mato, il critico Anton Berisha e i poeti della Vallisa
All'Istituto tecnico economico e tecnologico "Gaetano Salvemini"


MOLFETTA - Al via all'Istituto Tecnico Economico e Tecnologico "Gaetano Salvemini", il primo degli incontri con l'autore previsti nell'anno scolastico 2015-2016, organizzati dalla referente, prof.ssa Damiana Nacci, in collaborazione con il professor Gianni Antonio Palumbo.

L'incontro ha veduto le classi prima A dell'Indirizzo Turistico, seconda, terza e quinta A del settore "Costruzioni, ambiente e territorio", quinta E del settore "Amministrazione, finanza e marketing" dialogare con lo scrittore albanese Agim Mato, presidente dell'associazione dei poeti ioniani e, nel novembre del 2014, insignito dal Presidente della Repubblica d'Albania del titolo di "Grande Maestro".
A presentare la produzione dell'autore e le linee di tendenza della tradizione letteraria albanese è stato il critico e scrittore Anton Berisha, professore associato di Lingua e letteratura albanese presso l'Università della Calabria. All'incontro hanno partecipato alcuni membri del Gruppo Poeti "La Vallisa", artefici di una cooperazione culturale con lo stato albanese, che consiste nella traduzione e promozione della cultura albanese in Italia e in un'analoga divulgazione di scritti di nostri artisti lungo la sponda orientale dell'Adriatico. Le iniziative in tal direzione sono state inaugurate dalla partecipazione della poetessa Angela Giannelli al Convegno Internazionale di Poesia di Saranda nel settembre 2015 e dal viaggio in Italia del celebre Agim Mato. In rappresentanza del sodalizio "La Vallisa" presso l'ITET "Gaetano Salvemini" hanno interloquito con gli studenti la stessa Giannelli, il professor Daniele Giancane, Direttore responsabile della rivista, poeta e docente di Letteratura per l'infanzia, presso l'Università degli Studi di Bari, e lo scrittore, storico e demologo Marco Ignazio de Santis, apprezzato collaboratore di “Quindici”, che ha richiamato l'attenzione su alcuni aspetti storici, culturali e antropologici legati alla Terra delle Aquile.
Il Dirigente scolastico, professor Donato Ferrara, ha partecipato all'incontro, intervenendo a commentare la forza espressiva delle liriche e il monito etico che scaturisce dai versi di Mato. Egli ha rammentato, inoltre, al giovanissimo uditorio il fervore e l'attivismo che hanno caratterizzato le giornate degli sbarchi dei primi albanesi in territorio italiano negli anni Novanta.
L'Istituto è frequentato da numerosi giovani studenti di origine albanese, che hanno partecipato con entusiasmo all'evento e abbracciato i loro illustri connazionali. Alcune liriche dello scrittore, tradotte in italiano dalla professoressa Klara Kodra, sono state presentate al pubblico con eleganza dalla studentessa Lucia Capurso e dalla poetessa Giannelli, animatrice dei lunedì letterari della Vallisa presso la Libreria Roma. Gli studenti dell'Istituto hanno seguito la manifesta-zione con interesse e attenzione.
L'esperienza di Agim Mato è emblematica di quanto potesse accadere a figure non integrate nell'establishment dirigenziale e culturale dello stato albanese. Giovanissimo, il poeta aveva patito le conseguenze dell'arresto del padre, avvenuto, negli anni del governo di Hoxha, quando egli aveva soltanto tre anni. Lo status di figlio di detenuto per dissidenza politica ha gravato sull'intellettuale, impedendogli di condurre gli studi universitari e ostacolando i suoi primi passi impedendogli di condurre gli studi universitari e ostacolando i suoi primi passi nelle arti della pittura e, successivamente, della poesia. Dopo il crollo del regime comunista, la carriera dello scrittore ha potuto dispiegarsi senza più impedimenti e Mato ha coronato il sogno di costituire una casa editrice, Milosao. Numerose sono le sue sillogi poetiche, che si dispiegano lungo molteplici direttrici.
In esse emerge vigorosa la denuncia delle storture di un regime che ha conculcato i più elementari diritti umani, reprimendo gli aneliti libertari di generazioni simili alle trote delle riserve d'allevamento, perché cresciute "nelle assurde vasche di una dottrina". Dinanzi alla patente epifania dell'Ingiustizia, Mato si domanda dove fosse Dio e quest'inchiesta di senso produce infinito scoramento: "Nessun segno quando cercavamo in cielo / al di là dei fulmini / il tuo profilo, / quei fulmini che aspettavamo che cadessero / lì dove avrebbero dovuto / e tardavano a cadere". Il costante incombere della censura costringeva talora a celare il senso ultimo dei propri versi, a murare il proprio cuore tra le volute delle parole, in un estremo sacrificio, pari a quello compiuto dal costruttore del ponte di Arta.
Gli scritti di Mato, però, non trasudano esclusivamente passione civile; il mito è interiorizzato e ridisegnato negli arabeschi di versi da cui tralucono, per esempio, la Butroto di Andromaca ed Eleno, nostalgico simulacro della Ilio distrutta, e poi ancora il dio Pan o la vicenda biblica noachica. La presenza costante del nume di Afrodite tradisce un anelito incessante alla bellezza e struggenti sono i versi che correlano la dea nata dalla spuma del mare, effigiata su una conchiglia dal grande Botticelli, e una giovane bellissima, il cui cadavere riemerse dalle onde-sudario, trasportato dai pescatori, quasi fosse "il trinchetto rotto" delle speranze del poeta e dei suoi compagni. "E solo allora credemmo che non eri di etere, / che non eri di schiuma / o di luce, / ma creatura di carne / che si doveva piangere".
Una poesia, inoltre, che dialoga col paesaggio albanese e ne restituisce l'aura di ineffabile bellezza, attingendo perle di versi dal mar Ionio, in una delicata ricerca di tracce d'astri riaffioranti per ventura dal fondale marino.

Gianni Antonio Palumbo

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