Molfetta,
incontro con l'autore Agim Mato, il critico Anton Berisha e i poeti della
Vallisa
All'Istituto tecnico
economico e tecnologico "Gaetano Salvemini"
MOLFETTA - Al via all'Istituto Tecnico
Economico e Tecnologico "Gaetano Salvemini", il primo degli incontri
con l'autore previsti nell'anno scolastico 2015-2016, organizzati dalla
referente, prof.ssa Damiana Nacci, in
collaborazione con il professor Gianni
Antonio Palumbo.
L'incontro ha
veduto le classi prima A dell'Indirizzo Turistico, seconda, terza e quinta A
del settore "Costruzioni, ambiente e territorio", quinta E del
settore "Amministrazione, finanza e marketing" dialogare con lo
scrittore albanese Agim Mato,
presidente dell'associazione dei poeti ioniani e, nel novembre del 2014,
insignito dal Presidente della Repubblica d'Albania del titolo di "Grande
Maestro".
A presentare
la produzione dell'autore e le linee di tendenza della tradizione letteraria
albanese è stato il critico e scrittore Anton Berisha, professore associato di
Lingua e letteratura albanese presso l'Università della Calabria. All'incontro
hanno partecipato alcuni membri del Gruppo Poeti "La Vallisa",
artefici di una cooperazione culturale con lo stato albanese, che consiste
nella traduzione e promozione della cultura albanese in Italia e in un'analoga
divulgazione di scritti di nostri artisti lungo la sponda orientale
dell'Adriatico. Le iniziative in tal direzione sono state inaugurate dalla
partecipazione della poetessa Angela
Giannelli al Convegno Internazionale di Poesia di Saranda nel
settembre 2015 e dal viaggio in Italia del celebre Agim Mato. In rappresentanza
del sodalizio "La Vallisa" presso l'ITET "Gaetano
Salvemini" hanno interloquito con gli studenti la stessa Giannelli, il
professor Daniele Giancane,
Direttore responsabile della rivista, poeta e docente di Letteratura per
l'infanzia, presso l'Università degli Studi di Bari, e lo scrittore, storico e
demologo Marco Ignazio de Santis,
apprezzato collaboratore di “Quindici”, che ha richiamato l'attenzione su
alcuni aspetti storici, culturali e antropologici legati alla Terra delle
Aquile.
Il Dirigente
scolastico, professor Donato
Ferrara, ha partecipato all'incontro, intervenendo a commentare
la forza espressiva delle liriche e il monito etico che scaturisce dai versi di
Mato. Egli ha rammentato, inoltre, al giovanissimo uditorio il fervore e
l'attivismo che hanno caratterizzato le giornate degli sbarchi dei primi
albanesi in territorio italiano negli anni Novanta.
L'Istituto è
frequentato da numerosi giovani studenti di origine albanese, che hanno
partecipato con entusiasmo all'evento e abbracciato i loro illustri
connazionali. Alcune liriche dello scrittore, tradotte in italiano dalla
professoressa Klara Kodra, sono state presentate al pubblico con eleganza dalla
studentessa Lucia Capurso e
dalla poetessa Giannelli, animatrice dei lunedì letterari della Vallisa presso
la Libreria Roma. Gli studenti dell'Istituto hanno seguito la manifesta-zione
con interesse e attenzione.
L'esperienza
di Agim Mato è emblematica di quanto potesse accadere a figure non integrate
nell'establishment
dirigenziale e culturale dello stato albanese. Giovanissimo, il poeta aveva
patito le conseguenze dell'arresto del padre, avvenuto, negli anni del governo
di Hoxha, quando egli aveva soltanto tre anni. Lo status di figlio di detenuto
per dissidenza politica ha gravato sull'intellettuale, impedendogli di condurre
gli studi universitari e ostacolando i suoi primi passi impedendogli di
condurre gli studi universitari e ostacolando i suoi primi passi nelle arti
della pittura e, successivamente, della poesia. Dopo il crollo del regime
comunista, la carriera dello scrittore ha potuto dispiegarsi senza più
impedimenti e Mato ha coronato il sogno di costituire una casa editrice,
Milosao. Numerose sono le sue sillogi poetiche, che si dispiegano lungo
molteplici direttrici.
In esse
emerge vigorosa la denuncia delle storture di un regime che ha conculcato i più
elementari diritti umani, reprimendo gli aneliti libertari di generazioni
simili alle trote delle riserve d'allevamento, perché cresciute "nelle
assurde vasche di una dottrina". Dinanzi alla patente epifania
dell'Ingiustizia, Mato si domanda dove fosse Dio e quest'inchiesta di senso
produce infinito scoramento: "Nessun segno quando cercavamo in cielo / al di
là dei fulmini / il tuo profilo, / quei fulmini che aspettavamo che cadessero /
lì dove avrebbero dovuto / e tardavano a cadere". Il costante incombere
della censura costringeva talora a celare il senso ultimo dei propri versi, a
murare il proprio cuore tra le volute delle parole, in un estremo sacrificio,
pari a quello compiuto dal costruttore del ponte di Arta.
Gli scritti
di Mato, però, non trasudano esclusivamente passione civile; il mito è
interiorizzato e ridisegnato negli arabeschi di versi da cui tralucono, per
esempio, la Butroto di Andromaca ed Eleno, nostalgico simulacro della Ilio
distrutta, e poi ancora il dio Pan o la vicenda biblica noachica. La presenza
costante del nume di Afrodite tradisce un anelito incessante alla bellezza e
struggenti sono i versi che correlano la dea nata dalla spuma del mare,
effigiata su una conchiglia dal grande Botticelli, e una giovane bellissima, il
cui cadavere riemerse dalle onde-sudario, trasportato dai pescatori, quasi
fosse "il trinchetto rotto" delle speranze del poeta e dei suoi
compagni. "E solo allora credemmo che non eri di etere, / che non eri di
schiuma / o di luce, / ma creatura di carne / che si doveva piangere".
Una poesia,
inoltre, che dialoga col paesaggio albanese e ne restituisce l'aura di ineffabile
bellezza, attingendo perle di versi dal mar Ionio, in una delicata ricerca di
tracce d'astri riaffioranti per ventura dal fondale marino.
Gianni Antonio Palumbo
Nessun commento:
Posta un commento